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Lettere a Lisa Morpurgo, La Dominante

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-Antares-
view post Posted on 18/9/2010, 10:31     +1   -1




“LA DOMINANTE”

“Nonostante io abbia già avuto soddisfacenti successi all’analisi dei temi altrui, non sono mai riuscita a decifrare quell’anomalo ammasso di fattori astrologici che è il mio tema natale.
Non capisco dov’è la mia Dominante; non capisco fino a che punto sono Scorpione; non capisco se i “terribili tre” congiunti al MC sono la mia forza o la mia disperazione; non capisco se la mia Luna Nera è la goccia che fa traboccare il vaso; e poi,è vero che un pianeta situato a meno di 5° prima della cuspide di una casa appartiene a quest’ultima? “
Vittoria di Genova


Cara Vittoria,
sarei tentata di esclamare “Troppa grazia Sant’Antonio”, ma mi sbrigherò a rispondere ai quesiti più semplici prima di affrontare il problema di maggior interesse, ossia l’interpretazione: un pianeta che si trovi a uno o due gradi prima della cuspide della casa seguente (cinque e anche tre sono troppi) non “appartiene” alla casa seguente ma può esercitare la sua influenza contemporaneamente sia su tale casa, sia su quella dove si trova realmente.
Lei dice di essere un’entusiasta lettrice dei miei libri, e la ringrazio, ma probabilmente le è sfuggito che della dominante proprio non parlo mai.
Questa intricata frazione che a volte tra numeratore e denominatore comprende ben cinque pianeti (veda i Re di Francia da lei citati), mi sembra un espediente macchinoso con risultati dubbi, anche perché molte persone cambiano e si evolvono nel corso della vita.
Quanto alla Luna Nera, ne ho detto a più riprese e in varie sedi tutto il male possibile, ma se lo ritiene necessario mi ripeto qui: la Luna Nera non esiste o meglio è un fenomeno astronomico che con l’astrologia ha poco a che vedere; se proprio vogliamo tenerne conto, non possiamo limitarci alla Luna ma dobbiamo tracciare sul tema natale il Mercurio nero e la Venere nera e su su fino a Plutone, ricavandone lo specchio del nulla.
La Luna nera ha però un suo valore storico sociologico perché rivela la misoginia di molti astrologi; in un mondo patriarcale, la donna può essere solo o vergine o madre, e questa specie di santa sarebbe rappresentata dalla Luna Bianca.
Ci voleva un espediente,una finzione,per dare un po’ di spazio alle non sante,ossia le donne normali viste come diavoli e dunque come Lune Nere infernali.
Non a caso, e questa mi sembra un’osservazione importante, l’interesse per la Luna Nera è risorto tra gli astrologi di sesso maschile quando nel mondo intero si scatenava il femminismo.
Veniamo ora al noccio della questione: lei dice di riuscire a interpretare i temi altrui, ma non il suo, e questo, che le sembra un caso raro, è in realtà molto frequente; posso quasi anticiparle che le cose peggiorano con il tempo: quanto più gli altri le diranno al termine di una consultazione “è vero, è proprio cosi” tanto più aumenterà in lei la paura di usare l’astrologia per veder chiaro in se stessa.
L’astrologia è uno strumento splendido ma tremendo, che richiede una specie di iniziazione non dissimile da quella cui devono sottoporsi gli psicanalisti prima di esercitare la professione.
Il tema natale “parla” sotto i nostri occhi in modo cosi persuasivo che quando ci dice qualcosa di poco piacevole tendiamo a farlo tacere e allora, con un processo molto preciso (che ho notato in parecchie persone, cominciano a osservarlo come se fosse un oggetto estraneo, che non ci riguarda.
In altre parole, cara Vittoria, Lei non capisce i suoi pianeti perché non li confronta con il suo carattere e con il suo comportamento.
Cerco di spiegarmi con esempi semplici: per stabilire fino a che punto lei è Scorpione, le basterebbe notare quante volte lei usa termini eccessivamente drammatici nella lettera che mi ha scritto: lei parla infatti di grovigli planetari, di stellium diabolico, dei terribili tre, si dice vergognosamente vergognosa di celarsi sotto una pseudonimo ….
E ‘ drammatico anche il suo grafico, probabilmente disegnato da Lei stessa, con quei segni enormi e nerissimi, e drammatica anche la sua calligrafia in semi-stampatello.
Ora, che lo Scorpione ami il dramma è certo, ma di solito, con la sua mania della segretezza, lo tiene ben chiuso dentro di sé.
A questo punto Lei dovrebbe chiedersi: come mai io, invece, lo sfoggio e lo esibisco?
Sono sicura che, una volta impostato il problema nei termini giusti, troverebbe subito la soluzione nei “diabolici tre” che naturalmente non sono affatto diabolici, occupano saldamente la casa decima e le danno un’ambizione notevolissima.
Per soddisfare la curiosità di tutte le lettrici,dirò che questi terribili tre sono Marte,Urano e Plutone e la loro congiunzione in Vergine,per uno Scorpione , è un vero dono del cielo.
Pensate, i due pianeti signori dello Scorpione stesso, rinfocolati e resi attivi da Urano, sono una specie di motore a turboelica che spinge sempre più in alto.
Purtroppo sono tutte e tre all’opposizione di Saturno, l’unico pianeta di cui lei non parla affatto e che , proprio per questa ragione, deve essere la chiave di volta della situazione.
A questo punto le ho dato abbastanza elementi perché lei possa continuare nell’analisi comparsa di sé stessa e del suo tema, senza più calare un sipario di ferro tra i due.

APOCALISSE PROSSIMA VENTURA –Aprile 1991

“Che ne pensa, cara Morpurgo, dell’apocalisse, delle belle nevicate di questo inverno?
Dov’è finita la siccità che doveva ucciderci tutti ? Dopo aver tanto criticato i profeti di sventura mi sembra che lei sia salta sulla stessa barca e adesso di si trovi, come tutti i suoi compari, con le pive nel sacco.”

Paride


Carissimo Paride, voglio rassicurarla (o deluderla) subito: le belle nevicate di questo inverno mi hanno riempito di gioia, non solo perché pratico lo sci, e come molti altri sciatori ero da tre anni in crisi di astinenza, ma anche e soprattutto perché questo rinnovato respiro della natura mi riapre il cuore alla speranza.
Contrariamente a quanto lei crede, sarei felice di essere smentita e di veder smentita la scienza: l’ossido di carbonio fa bene alla salute ,i diserbanti chimici si sciolgono nei fiumi e nei mari rendendoli limpidi come cristalli, il disboscamento ha un alto valore ecologico perché i terreni denudati sono più fertili e le pioggie vi cadono più abbondanti.
Purtroppo non è cosi e penso lo sappia benissimo anche lei. L’entusiasmo che l’ha indotta a scrivermi non nasce, temo, da un modo di pensare “verde”, ma al contrario da una solida mentalità consumistica che vuol continuare un’allegra vita di sprechi.
Ma i dubbi, caro Paride, sussistono, e sussiste anche il mio pessimismo in linea generale. In linea personale, invece, sono diventata più ottimista, e mi spiego: se l’inverno e la neve non fossero davvero più riapparsi alle nostre latitudini, dieci anni al massimo ci avrebbero separato dall’inizio della catastrofe migratoria che ho descritto nel mio articolo di gennaio.
L’oasi di normalità offertaci dalla fine del 1990 (cioè nel momento in cui sto scrivendo questo pezzo) consente di allargare un po’ di più i limiti di tempo che ci sono concessi, e insomma, parlando egoisticamente potrei chiudere la mia esistenza in condizioni climatiche accettabili.
Ma c’è anche un interessantissimo dato astrologico da prendere in considerazione: le ipotesi fatte dagli astronomi russi a proposito dei due pianeti trans plutoniani piazzando “Y” tra il 18° della Vergine e il 5° della Bilancia, un arco abbastanza vasto data l’estrema lentezza del pianeta.
Ora, le nevicate di quest’ inverno ci permettono di affermare, con ragionevole certezza, che “Y”dovrebbe trovarsi attualmente a 3° della Bilancia e non oltre.
La terribile siccità degli ultimi tre anni, e in particolar modo quella dell’inverno 1988/1989, era probabilmente dovuta ai quadrati formati da Saturno e soprattutto da Urano a “Y”, pianeta della meteorologia e regolatore del nostro clima.
L’allontanamento di Saturno, il gennaio scorso, ha facilitato qualche breve nevicata, mentre l’attuale allontanamento di Urano ha aperto le porte a un quasi normale inverno.
In febbraio il trigono di Saturno ai primi gradi della Bilancia dovrebbe migliorare ancora le cose.
Speriamo che questa pausa benedetta non induca i Paridi di questo mondo a commettere crimini ecologici ancora più gravi.
L’egoismo umano, infatti, non è strutturato semplicemente attorno alla difesa dei propri comodi, non è soltanto una faccenda economica, un problema di scambi di mercato e di livelli di vita.
No, l’egoismo umano, come ho scritto più volte, è soprattutto egopatia, un bisogno irresistibile di sentirsi al centro dell’universo, unici, invincibili e padroni di fare quel che più ci piace.
Nel pochissimo spazio che mi è concesso, vorrei almeno accennare al fatto che per l’uomo cosi detto “sapiens”, ma in realtà colmo di pulsioni arietine, le questioni di principio hanno un’importanza schiacciante, tanto da indurre molti ad andare contro i propri interessi.
A mio avviso, nelle attuali battaglie pro e contro l’ecologia, il desiderio di bruciare sempre più benzina e di coprire di cemento aree sempre più vaste ha un peso relativo.
Ciò che fa scattare il furore dei consumisti è l’idea che la natura possa morire di sfinimento anziché servire l’uomo come una inesauribile schiava.
Se questa mentalità non cambia, gli aspetti positivi tra “Y” e gli altri pianeti ci concederanno soltanto momentanei sollievi.
C’è però un altro aspetto della faccenda da prendere in considerazione: vista nella prospettiva dei secoli e dei millenni, la storia della civiltà si concede ampie pause ricorrenti.
Il mondo romano dell’epoca augustea, e anche dei due secoli successivi, raggiunse livelli di benessere e di comfort paragonabili a quelli dell’attuale mondo occidentale, ma le invasioni barbariche vi misero brutalmente fine e per quattro o cinque secoli (che sono moltissimi, credetemi) a condizioni di vita miserrime si affiancò l’estinzione totale di ogni forma artistica, di ogni creazione poetica o letteraria, come se l’umanità intera si fosse messa in letargo cedendo non soltanto alle circostanze materiali, ma anche a una sorta di inerzia morale incapace di reagire.
Il trionfo della barbarie ci appare insomma avvolto da una nebbia di fatalità.
Ripensando a tali cose in questi giorni di metà gennaio (devo scrivere i miei articoli con tre mesi di anticipo) mentre vedo sfilare cortei di pacifisti, quasi tutti ragazzini giovanissimi, rosei, ben nutriti e , c’era da scommetterci, quasi tutti possessori di un motorino in attesa dei diciotto anni, quando avrebbero chiesto la macchina del papà.
Eppure il loro slogan vincente, da Milano a San Francisco, è stato:”No alla guerra per il petrolio”, come se il famigerato oro nero fosse un tesoro segreto da accumulare nelle casseforti dei plutocrati sionisti (vecchio slogan della Hitlerjugend adottato dai nostri nipotini) anziché strumento indispensabile dello sfrenato consumismo di tutti.
Ora, vedendo sfilare questi fanciulli, io mi chiedevo quanta parte del loro entusiasmo fosse dovuto a crassa ignoranza e banale disinformazione, e quanta invece dipendesse da una sorta di fatalistica attrazione per quei valori arietini-maschili-tribali perfettamente rappresentati dal mondo islamico: l’uomo guerriero e virile, educato fin dalla culla a combattere e a morire, e la donna cancellata dalla vita sociale,chiusa in casa al servizio del suo signore e padrone.
Un sogno antico, mai completamente soppresso dalla civiltà e riemerso con prepotenza in questi anni di tolleranza repressiva.
In quest’ottica appare logico che la causa islamica abbia raccolto fervidi consensi tra gli integralisti cattolici, affetti da viscerale misoginia, e tra i comunisti pseudo-convertiti, ma in realtà affetti da altrettanto viscerale nostalgia per la figura di un padre dispotico e carismatico.
Non è certo un caso che l’unica trasmissione dedicata da Raitre alle donne si chiami “Harem” dal punto di vista ecologico – poiché è da li che siamo partiti,il trionfo della guerra santa rappresenterebbe vantaggi preziosissimi, inestimabili: la società dei consumi verrebbe pressoché distrutta, specie se si pensa che miliardi di donne non potrebbero più guidare l’automobile e scatenarsi liberamente nelle boutique.
Ridottissima l’audience di una televisione ufficiale politico – religiosa, e dunque fine del business pubblicitario.
Unico commercio fiorente quello delle armi, di cui si farà largo uso riducendo in breve tempo i problemi della sovrappopolazione. Forse il mondo ha davvero bisogno di questo e i ragazzini sedicenti pacifisti obbediscono al loro destino.

Lisa Morpurgo

Tratto dalla rivista sirio
 
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Riki'sBack
view post Posted on 18/9/2010, 11:14     +1   -1




ma era terribile la Morpurgo!!!!
 
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Lalfa&LomegaII°
view post Posted on 18/9/2010, 13:18     +1   -1




CITAZIONE
un pianeta che si trovi a uno o due gradi prima della cuspide della casa seguente (cinque e anche tre sono troppi) non “appartiene” alla casa seguente ma può esercitare la sua influenza contemporaneamente sia su tale casa, sia su quella dove si trova realmente.

Concordo !!!!
 
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-Antares-
view post Posted on 31/12/2010, 11:26     +1   -1




AIUTO DOMESTICO E MATRIMONIO


"È opinione comunemente diffusa che un giovane scapolo abbiente si debba accasare".


Così scriveva Jane Austen iniziando "Orgoglio e Pregiudizio" con una delle più belle 'frasi d'attacco' che la storia del romanzo ricordi.
Si era ai primi dell'Ottocento e la borghesia europea cominciava a subire i contraccolpi non già della Rivoluzione Francese, ma del perbenismo napoleonico. Sparivano sepolti in uno sdegnato silenzio i tempi - sia pure recentissimi - in cui una bella dama del Direttorio scriveva a Talleyrand per fissargli un appuntamento a un "bal masqué" un biglietto che diceva: "Mi riconoscerai dalle mie giarrettiere verdi".
Le battute di Tom Jones non risuonavano più nelle gaie taverne e di lì a poco, stando a quanto racconta Virginia Woolf in "Orlando", l'Inghilterra bagnata da piogge incessanti si sarebbe coperta di muffe e di peluche.

Così afferma la storia, con ampie spiegazioni sociologiche, politiche ed economiche. L'astrologia rapidamente constata che i pianeti più lenti e più possenti del sistema solare, Plutone e Nettuno, stavano in quel periodo abbandonando l'evoluto segno dell'Aquario per tuffarsi via via nei sentimentali Pesci e nell'Ariete moralista.
La figura della donna, la sua funzione e la sua posizione nella società sono i più significativi per illustrare tali cambiamenti di rotta, poiché l'uomo è molto più monocromo, arrocato in difesa di privilegi che da secoli sono praticamente sempre gli stessi. Inoltre la memoria del costume è corta, non abbracci più di due o tre generazioni e di regola si ferma ai nonni, e così le sfugge il grande gioco dei corsi e ricorsi planetari. Interrogando giornaliste colte e impegnate sul fronte femminista, ho avuto spesso l'impressione che per loro la condizione della donna sia sempre stata quella che appare nei romanzi vittoriani o nei dipinti fascisti dove le massaie rurali erano perennemente incinte. Il che non è affatto vero come gli scanzonati epistolari di dame settecentesche dimostrano.

Ci sono tuttavia mutamenti più radicali di altri, e più duraturi. per indurre lo scapolo abbiente ad accasarsi, le fanciulle di Jane Austen e le loro madri e zie ricorrevano ad ogni sorta di ingegnosi artifici, tali da introdurre la leva della seduzione o della responsabilità, laddove mancava quella della dote. Il capitale, in quei tempi di stabilità monetaria, era tutto mentre l'organizzazione domestica di casa costava pochissimo.
Famiglie piccolo borghesi quasi indigenti potevano permettersi una o due persone di servizio, mentre gli agi dei ricchi venivano assicurati da uno stuolo gerarchico di profesionisti altamente specializzati e con incarichi precisi, dal maggiordomo alla sguattera.

Le cosi andarono più o meno così fino alla seconda guerra mondiale. Ricorriamo ancora alla letteratura inglese, la più illuminante in proposito. Agatha Christie, con grande astuzia e senso del tempo, inquadra la prima e l'ultima apparizione di Hercule Poirot nello stesso décor, il castello di Styles. Nel 1917 la padrona del sito lamenta che il reclutamento obbligatorio abbia ridotto a quattro il numero dei suoi giardinieri e che la perfezione delle bordure d'aiola penosamente ne soffra. Quarant'anni dopo, il castello è diventato una specie di pensione di lusso per ospiti scelti e un giardiniere avventizio fatica a liberare i viali dalle erbacce. Di maggiordomi nemmeno l'ombra. Né si prevede che il panorama possa cambiare in futuro.

Che cosa è accaduto? Nel 1939, con lo scoppio della guerra, Plutone abbandona il segno del Cancro, l'ultimo del gruppo primaverile-conservatore ed anzi particolarmente legato al culto della casa. Nettuno dal canto suo, entrerà di li a poco nel segno della Bilancia, segno assetato di giustizia e pronto a difendere i diritti della donna. Il capovolgimento è totale e il passaggio irrecuperabile, e mentre alcuni film americani degli anni cinquanta e sessanta tentano di mantenere in vita la favola dello scapolo abbiente da circuire ad ogni costo, l'evidenza dimostra che le cose stanno ben diversamente. Jane Russell, dopo aver condotto all'altare il suo milionario (in dollari), dovrà stirargli le camice e cucinargli i pasti e anziché sdraiata sull'amaca di Rossella O'Hara di "Via col Vento", si ritroverà a spingere un carrello stracolmo nei corridoi di un supermercato. Peggio ancora, sarà invidiata dalle amiche perchè per tre mattine alla settimana potrà pagarsi - lusso sfrenato - una domestica nera o messicana a ore. Quanto ai miliardi del marito, oggi ci sono ma domani forse chissà. Il mondo finanziario è diventato una giungla dove chi riesce a difendersi dai concorrenti però muore d'ulcera e le tasse di successione ti fanno stramazzare.

Le leggende sono dure a morire, d'accordo, però sotto i colpi dell'esperienza qualcosa si impara, e le donne hanno imparato. Vediamo come.
Accanto al mondo economico che velocissimo evolve, con progressi innegabili negli stipendi e nei posti di lavoro femminili, meno nota e meno analizzata si sta verificando l'evoluzione sentimentale. Chiunque sia supposto di prevedere il futuro, se n'è accorto da tempo: l'uomo più amato è quello ancora elusivo, sfuggente, passabile di ua idealizzazione perfetta. Resistono abbastanza, nei cuori delle loro partners, gli astuti arroccati nell'aurea regola "dalle cinque alle sette" (del pomeriggio) inventata dai francesi che in queste cose sono maestri. Ma il vero compagno, marito o non ma comunque convivente, appare spogliato di ogni virtù e di ogni orpello nel giro di pochi mesi. Gli avvocati divorzisti, che subito dopo le cartomanti sono quelli che raccolgono le notizie più sicure, sanno ormai che la stragrande maggioranza delle domande di separazione viene inoltrata dalle donne. Cosa ancora più straordinaria, dietro la rottura del vincolo non si nasconde un misterioso rivale, ma soltanto la noia. E in molti casi la stanchezza, la fatica. Più la convinzione, inaccettabile per le attuali regole di mercato, di lavorare in perdita.

Per capirci qualcosa di più, torniamo all'esempio del castello di Styles fra le due guerre. Fino al 1939, il reddito di famiglia, e senza che i membri della famiglia stessa lavorassero, bastava ampiamente per pagare lo stipendio di sei giardinieri e otto domestici i quali, agli occhi di un ancor timido fisco, risultavano pregio naturale della gentry e non tassabile. La lady di quell'epoca, anche se tediata da un coniuge un po minchione e appesantito dal troppo Porto, godeva di infiniti vantaggi. Nella penombra dei suoi risvegli, con gli ultimi brandelli di un sogno ancora vaganti nell'aria, veniva rallegrata dall'early breakfast tea servito dalla prima cameriera che scostava delicatamente le tende e dava notizie sul tempo. Qualsiasi problema domestico, compresa l'eventuale gravidanza della sguattera ad opera del terzo giardiniere, era risolto dal maggiordomo e dalla governante. Unico compito della padrona di casa (e chi non ricorda la stupenda scena de "La prima moglie" di Hitchcock) era scegliere le salse. Anche scendendo da questo empireo, la discreta tuttofare che sopravvisse in molte famiglie italiane fino agli anni sessanta fu - all'insaputa di tutti, e specialmente dei sociologi - una garanzia di durata del matrimonio, un nume tutelare del talamo.

Oggi non più. Forni a microonde e frullatori, robot elettrici non bastano ad alleviare le pene della moglie esausta che dopo aver portato la bambina maggiore in piscina e il bimbo minore al corso di judo, deve pensare alla cena e a rifarsi il trucco, sennò il marito rientrando e prima di gettarsi sul divano per guardare la televisione le lancia un'occhiata impietosa e magari nota una ruga che ieri non c'era. In molti casi la colf esiste, ma arriva purtroppo alle otto e mezza del mattino così una mai che possa dormire fino alle nove, rimane in bagno un'ora con la scusa dei lavandini incrostati (invece poi si trovano ditate nei vasetti di crema nutriente) e poi squassa la casa con il ronzio dell'aspirapolvere che manovra fumando, la sigaretta piantata in un angolo della bocca come gli apaches di Toulouse-Lautrec.
Come se non bastasse, su questi aiuti domestici temporanei, e peggio ancora permanenti, si appuntano ormai gli occhi rapaci del fisco. Una "donna fissa" fa scattare l'imponibile quasi come un cabinato. Aizzato dal commercialista, il marito imperversa sulla moglie: "Ma non puoi cavartela da sola? Tu che non lavori.."
Istruita da Capital e dalle pagine economiche di "La Repubblica", la moglie fa i conti: assistenza ai bambini (se neonati, l'equivalente di uno stipendio di una nurse patentata, se più grandicelli, l'equivalente dello stipendio di una governante di fiducia), cucina e pulizie (l'equivalente di uno stupendio di una colf fissa), bucato e stiratura (risparmio in tintoria). Aggiungiamo i contributi e la deduzione di tasse e si arriva a questo stupendo risultato: possedere una moglie significa godere, esentasse, del reddito di un miliardo (lire) impiegato all'otto e mezzo per cento. Più le prestazioni considerate gratuite dopo il fatale sì.
Ed ecco apparire il Personaggio del Secolo, il Fenomeno Insospettabile: l'uomo solo e disperato. La donna che egli si illudeva di mantenere ha deciso, a conti fatti, che il marito è un lusso costosissimo, e l'ha piantato. Vive sola con i bambini che non vanno più in piscina o a lezione di judo e ne sono felici perchè ormai osano confessare che si stancavano da matti: invece tutti insieme la sera guardano l'Ispettore Derrick e poi mangiano una pizza. Lui, il derelitto, ha comprato qualche libro di cucina per gli scapoli tradotto dall'americano ma preferisce il ristorante o la trattoria sotto casa dove incontra - orrore - molti dei suoi simili.

Trarre fruttuose esperienze dagli errori del passato non è cosa da uomini ma in quest'anno di grazia (1985) forse gli astri provvedono: Giove in Aquario proietta influssi benefici sulla Bilancia, segno corrispondente al matrimonio, e suggerisce una rivalutazione di questo sacro istituto sia pure in un'ottica liberale e progressista che esclude, da una parte e dall'altra, cavillosi calcoli di denaro.
I fidanzati sono avvertiti: o adesso o mai più. Se le cose continuassero a peggiorare, tra due o tre decenni leggeremo il romanzo di un futuro John Austin che comincerà così: "È opinione comunemente diffusa che una giovane nubile esperta di cucina si debba accasare.. "


Lisa Morpurgo


MANGIARE O NON MANGIARE?


“La cucina è cultura. L’uomo in cerca di cibo ha dato inizio alla Storia. Colombo ha scoperto l’America credendo di abbreviare la via verso le preziosissime spezie, che mascheravano il fetore della carne marcia.
Mangiamo troppo. Mangiamo male. Via i carboidrati e solo proteine per un felice tono muscolare. Via le proteine e solo i carboidrati per la felice dieta mediterranea. Solo verdure. Solo crostacei. Solo latte. Solo banane.”

Queste frasi lapidarie sono state pescate a caso tra le più recenti pubblicazioni o trasmissioni sull’argomento alimentazione. Le contraddizioni palesi non spaventano, evidentemente, nessuno, l’importante è presentare a muso duro una di quelle certezze assolute di cui il mondo ha bisogno. Mentre crollano i valori morali si rinsaldano i valori dietetici e i loro sacerdoti hanno toni da Grandi Inquisitori, tuonano contro i trasgressori, peccatori ed eretici minacciando toni infernali di varia gradazione e intensità: adipe, diabete, colite, colesterolo e cardiopatie varie. Si può vivere di poco, di pochissimo, di sempre meno.

L’ideatore teutonico di una cura disintossicante propone questo piano definitivo per la salute perfetta: il sugo di otto limoni, ingerito a opportuni intervalli tra l’alba e il tramonto, per un’intera settimana. Dopodichè si può riprendere un’alimentazione regolare, purché sana e così concepita: al mattino il succo di due limoni e di un’arancia , alla sera qualche verdura cotta condita con semi di aneto e erba cipollina. Il corpo diventerà asciutto e privo di tossine, lo spirito leggero e infatti pronto a spiccare un precoce volo verso il paradiso.
Questa faccenda dello spirito non è da trascurare perché entra ormai come ingrediente fisso nella maggior parte dei trattati dietetici e fisioterapici. Le clienti di una celebre clinica europea dove si pratica un regime quasi drastico come quello dei limoni, sostengono di avere visioni beatificanti e di fiutare profumi celestiali durante gli ultimi giorni di degenza, fenomeni ben noti ai moribondi o a chi raggiunga un grado di debolezza estrema.
La riscoperta e rieducazione del proprio corpo apre le porte del sovrannaturale, il digiuno e il sacrificio, come già affermavano i precetti del misticismo medievale, sono fonte di gioie ineffabili.
Il quarantenne sedentario che all’improvviso inizia le sue corsette quotidiane nei giardini pubblici cittadini soffre godendo, nel suo ventre molle e privo di muscoli, gli organi interni si sconquassano, i suoi polmoni si dilatano assorbendo dosi massicce di gas di scarico, ma egli non cessa di godere. La tuta da jogging è il suo cilicio e il suo volto estatico ricorda quello della Santa Teresa del Bernini.
In molti casi questo è il primo passi verso riti iniziatici di grande impegno che richiedono contorsioni yoga, meditazioni solitarie al suono della Propria Nota Personale (possibilmente prodotta da un flauto) nonché studio attento dei bioritmi intesi come Unica Via di Comunicazione tra il plesso solare e il cosmo.

Lo straordinario successo di questi nuovi profeti del digiuno, si basa su una circostanza, per loro, fortunatissima: dagli anni cinquanta ad oggi dimagrire è diventato sempre più difficile mentre si ingrassa con una facilità sconcertante. Peggio ancora, tale fenomeno non conosce limite di età. Prima di quella data fatale i sessantenni cominciavano a disseccarsi progressivamente e la nostra infanzia fu rallegrata da arzille prozie asciutte come aringhe. Oggi non più, e nonne ottantenni sempre più tonde e pesanti chiedono consigli alle nipoti sulle diete più opportune ed efficaci.
La spiegazione può essere una sola sebbene, per ovvie ragioni , tenuta nascosta al grande pubblico: dalla fine della guerra in poiabbiamo ingerito ormoni a gogo. L’industria degli animali in allevamento forzato ha scatenato l’industria della dieta e in entrambi i casi gli interessi in gioco sono enormi. Impossibile combatterli. Tuttavia…

Tuttavia Isac Newton stabilì un’aurea legge fisica secondo la quale ogni forza che si metta in movimento ne scatena un’altra uguale e contraria. Era dunque inevitabile che sul fronte opposto a quello del digiuno assoluto si organizzasse la linea di difesa della gastronomia. Gli editori furono i primi ad accorgersi, alla fine degli anni sessanta, che i libri di ricette si vendevano a furia. Da qui una caccia alla novità, alla trovata, all’argomento avvolgente o al titolo stuzzicante. Ci fu la cucina dello scapolo e la cucina dell’uomo solo (la differenza essenziale, dipendeva dall’inclusione nella seconda categoria dei vedovi e dei separati, più esperti ma più malinconici degli scapoli puri), la cucina della donna manager e la cucina della donna che lavora (leggi impiegata), la cucina erotica e la cucina astrologica.
Una seconda fortunatissima ondata di pubblicazioni accompagnò il successo dei viaggi organizzati, con charter, senza charter, con scorta di un egittologo famoso o di una cover-girl arrapante, ma sempre proiettati verso mete esotiche e ricche di esotici cibi. Da qui la cucina polinesiana, indiana, marocchina e soprattutto, con l’avvallo di un’avventata affermazioni di Brillat-Savarin, la cucina cinese.
Se ci fosse concesso parafrasare Omero, potremmo dire che il recupero delle ricette del Celeste Impero procurò infiniti lutti ai palati dei veri buongustai. La Cina astrologicamente, corrisponde al segno dei Gemelli che in fatto di papille gustative è assai carente. I Gemelli di qualsiasi nazionalità non mangiano ma mangiucchiano e piluccano, adorano i picknics e i cocktails o i pranzi in piedi dove l’impegno culinario è il minimo. Sprovvisti di autentico appetito, ma espertissimi nell’elaborata costruzione di riti formali, i Cinesi che dai Gemelli dipendono inventarono una cucina insipida ma fatta apposta per sedurre gli snob. Il loro riso anemico, le loro minestrine acquose e le loro verdure eternamente cotte a vapore ebbero inoltre la ventura di proporsi a stomaci distrutti dalla vertiginosa decadenza qualitativa delle derrate alimentari e a palati diseducati dall’abuso di cibi sottoposti a liofilizzazione e surgelazione.

“Mangiar leggero è diventato lo slogan, e il credo della gastronomia distrutta in questa seconda metà del secolo, e ha ispirato persino i principi fondamentali dell’unica proposta d’arte culinaria del nostro tempo: la nouvelle cuisine. Il nome, francese e mai tradotto, parlava di galliche delizie; la novità si basava su una drastica depapperazione delle delizie suddette; il successo venne da un geniale sfruttamento delle tecniche
intimidatorie dei dietologi. Posto di fronte a porzioni minime di cibi dal sapore per lo più sfuggente e indecifrabili, ma comunque carissimi, il cliente era indotto a pensare: se devo spendere tanto per così poco ciò significa che nella nouvelle cuisine si cela qualcosa di ineffabile, di preziosissimo, e misconoscerlo sarebbe dar prova della mia ignoranza.
Nell’animo di chi provvede al godimento altrui si cela sempre una tendenza al sadismo che , se opportunamente utilizzata, può dare frutti clamorosi. Nei remoti anni cinquanta, la smaccata villania di un ristoratore romano e della proprietaria di un night-club parigino assicurarono a entrambi il trionfo. I buoni esempi non si dimenticano. Dai templi della nouvelle cuisine sparirono il pepe e il sale in tavola, affinché il cliente non compisse il gesto sacrilego di correggere quanto aveva preparato lo chef; poi sparì anche la lista, mettendo lo stesso cliente nelle condizioni di un minus mente incapace di scegliere, ma in compenso apparvero mescolanze strane di sapori incompatibili, come il risotto alla fragola o il gelato al rosmarino.

In tutto questo processo l’influenza degli astri è sottile ma determinante. Dalla fine del secolo scorso ad oggi stiamo vivendo nell’era di Mercurio, pianeta della tecnica raffinata e delle comunicazioni rapide, responsabile dei prodigiosi progressi compiuti in questo campo e che ci portarono dai primitivi telefoni agli attuali computer. Ma mercurio è anche l’opposto naturale di Giove, pianeta dell’oralità godereccia e dei buongustai.
La dinamica delle forze vuole che il trionfo del primo scateni la sconfitta del
secondo. Forse non è assurdo dire che ogni telex intercontinentale si paga con la pastorizzazione di una bottiglia di vino, mentre è chiaro che telefonate fiume alle amiche impediscano la preparazione di un brasato.
Ma c’è di più. Le tecniche di comunicazione, che sono tecniche di informazione, di fronte agli argomenti gastronomici si deformano e diventano veicoli di disinformazione. Prendiamo il già citato risotto alla fragola, o il gelato al rosmarino: la smania di novità (che è anch’essa mercuriale) cancella un cospicuo patrimonio di cultura. L’arte di cucinare si è perfezionata nel corso dei millenni e se l’uomo primitivo, quand’era in condizioni di scegliere, preferì gli spinaci alle ortiche, qualche buona ragione doveva pur averla. Un gelato che ricorda l’arrosto e un risotto che ricorda il gelato implicano una volontà perversa di intorpidire le acque e di confondere- babelicamente e letteralmente – le lingue.
All’origine si cela forse anche una fondamentale ignoranza, cui nessuno sembra voler porre rimedio. Recentemente una catena di supermercati transalpini ha esposto manifesti pubblicitari che affermano: “D’ora in poi gli oli vegetali saranno eliminati dalla nostra maionese in tubetti, che verrà composta con puro olio di girasole”. E tormentati da comprensibile angoscia, vorremmo sapere se il girasole appartiene al regno animale o minerale.


Lisa Morpurgo


Nati Vincenti


La vittoria, nell'accezione generale del termine, implica un antagonista da superare: nei giochi a squadre, negli stadi dell'atletica leggera, sul ring, sulle piste automobilistiche, sui campi di battaglia. A rigore, gli unici a meritarsi senza discussione il titolo di vincenti sarebbero i detentori di titoli sportivi e i generali che hanno sconfitto il nemico in battaglia. L'uomo della strada li ammira quasi sempre e quasi tutti (per quanto mi riguarda disprezzo i generali), e il suo entusiasmo, come molti testi di psicologia dimostrano, è spesso alimentato da un processo di identificazione con l'eroe di turno.

Quando si passa alla sfera del privato, le cose si complicano perché l'ammirazione si mescola all'invidia e spesso ne viene sopraffatta. Credo che la cosa si possa spiegare così: il signor Rossi sa benissimo di non avere una muscolatura spettacolare, perciò si identifica col detentore di un primato olimpico perché non può vedere in lui un vero antagonista. Ma quando legge sui giornali che il commendator Bianchi è uscito da un orfanotrofio per diventare il capo miliardario di una multinazionale, il signor Rossi avverte una sottile angoscia che gli torce lo stomaco. «Perché lui sì e io no?» si chiede, e ripercorre il suo iter di impiegato di banca per scoprire dove ha sbagliato, dove si è fatto fregare, quali buone occasioni non ha saputo cogliere.

Scendiamo ancora un gradino e vediamo che le carte sono così rimescolate da creare ulteriori confusioni: è vincente la donna che ti soffia il marito o l'amante, ma è pure vincente chi riesce a farsi invitare da gente che non invita te, o chi durante una cena monopolizza su di sé l'attenzione generale relegandoti in un angolo.
Mi sembra chiaro che il termine «vincente», in questi casi, sia assai arbitrario perché viene stabilito sulla base delle frustrazioni di chi si considera «perdente». E sono proprio tali perdenti cronici ad accusare, in mancanza di meglio, la malignità o l'ingiusta benevolenza degli astri, formulando la domanda che troppe volte viene posta agli astrologi, e alla quale vorrei dare una mia personale risposta.
«Esistono i nati vincenti?»

Indipendentemente dall'argomento ora trattato, tale quesito investe in sostanza tutte le strutture portanti dell'astrologia e della sua interpretazione: dilemmi morali e pseudo-filosofici triti e ritriti, ma non per questo meno interessanti perché si traducono sempre più, con il diffondersi dell'astrologia, in atteggiamenti preoccupanti e opposti. Si passa dal «se tutto è già scritto io non muovo un dito» al «voglio sapere che cosa mi succederà di male così lo evito», passando da posizioni intermedie terrificanti, come quella del padre che regala al figlio sedicenne una motocicletta potente, con la speranza che capiti al ragazzo, e non a lui stesso, l'incidente preannunciato da un sinistro transito di Marte e Mercurio (l'episodio è autentico, nella realtà il padre sciagurato fu poi truffato, giustamente, da un socio malavitoso).

Queste follie, salvo i casi estremi, sono perdonabili perché si riallacciano alla paura del domani che ha sempre tormentato la razza umana. Ma nella faccenda del «nato vincente» vi è qualcosa di nuovo, legato agli schemi e agli automatismi (ormai possiamo chiamarli così) della nostra civiltà postindustriale robotizzata e computerizzata. Se esistono agenzie matrimoniali che ti trovano il partner ideale con le schede di un ordinatore, perché non dovremmo rintracciare nei temi natali le ragioni delle vittorie altrui? E soprattutto, scrutando il nostro, di tema natale, perché non dovremmo scovare il modo migliore per sfruttare le nostre, di potenzialità? Chi sa come io neghi che si possano leggere nelle strutture zodiacali le coordinate del genio, e chi conosce il mio categorico rifiuto a consigliare le mamme circa le attitudini del figlioletto di quattro anni (per evitare al poverino studi coatti) si stupirà nel sentirmi dire che sì, i nati vincenti esistono. Ma purtroppo la cosa non riguarda tutti coloro (e sono la maggioranza) che aspirano a diventarlo. E qui occorre tornare sul concetto di «vittoria», che spetta senza ombra di dubbio agli atleti e ai generali, cioè a individui che si sono scelti un obiettivo molto circoscritto e ben mirato. Gli aspiranti vincenti di nostra conoscenza, invece pur ammirando Napoleone o Maradona o Antibo, vorrebbero emergere sempre e comunque e in ogni contesto, o peggio ancora nel particolare contesto che gli sembra importante in un particolare momento, e ignorano lo sforzo tremendo, il sacrificio globale necessario per raggiungere un solo e unico scopo.
Non parliamo poi delle illusioni, di nuovo appannaggio dei più, che fanno nascere speranze assurde nella mente di chi invece dovrebbe proprio accontentarsi di un'aurea mediocrità. Una gentile signora di mia conoscenza ha una crisi depressiva alla soglia dei cinquant'anni perché, dice, si accorge di non aver sfruttato tutte le sue potenzialità; le quali, tema natale alla mano, non esistevano affatto. La signora in questione dovrebbe ringraziare il cielo per la sua vita agiata e tranquilla, accanto a un marito un po'noioso ma gentile. Al massimo, in questo ambiente di tutto riposo, avrebbe potuto anche lei scegliersi un obiettivo mirato comprando i suoi costosi capi di abbigliamento in ottime boutiques anziché in pessime. Il problema è: possiamo dirglielo? In teoria, sarebbe utile toglierle l'angoscia e il senso di colpa per non aver sfruttato le sue potenzialità immaginarie. In pratica, è assai probabile che la scoperta di non aver mai avuto doti particolari le provochi un trauma terribile.

La cura psico-astrologica va fatta prima e non dopo l'eventuale crisi della mezza età, o della delusione amorosa o della sconfitta professionale, diffondendo il concetto che in ogni tema natale, salvo quelli decisamente catastrofici, si cela la possibilità di una vittoria, ma una sola, ben delimitata e proporzionata alle capacità del soggetto; ossia la vittoria che di solito il soggetto (pensando ai manager miliardari o alle seduttrici professionali) non prende mai in considerazione. Conosco una signora, ben diversa dalla depressa prima citala, che sa cucinare risolti e arrosti sublimi, ed è prontissima a mettere la sua arte a disposizione di amici e conoscenti con grande cordialità. La invitano dappertutto, il cerchio delle sue frequentazioni si allarga sempre di più e migliora in qualità, e in quell'ambito la signora non conosce rivali; insomma è una vincente, anche se un risotto non è paragonabile ad Austerlitz.
Esistono molte virtù che si possono sfruttare in modo analogo, per esempio la discrezione: createvi la fama di persona che mai e per nessuna ragione divulga le confidenze ricevute, e diventerete una ricercatissima mosca rara.

So che quanto sto dicendo farà arricciare molti nasi e lo comprendo perché si tratta di vittorie in un certo senso «passive», non ottenute dal confronto diretto con un antagonista. Siamo arrivati così, dopo tortuoso cammino, a un chiarimento importante: per la mentalità comune il vincente è colui che emerge, ma può emergere solo lottando con gli avversari, il che non è assolutamente vero. I temi dei «nati vincenti» sono quelli che io definisco i temi coerenti, dove le linee di forza sono assecondate da opportune negatività. Un bellissimo rapporto Saturno-Urano, o Saturno-Marte, può dare grande determinazione e volontà di successo, purché il Sole e Plutone occupino posizioni modeste con piccoli aspetti rassicuranti. In caso contrario, per esempio con un Sole all'Ascendente o un Plutone in prima casa, c'è il rischio che la determinazione e la volontà di successo abbandonino la via della costruzione logica e si mettano al servizio del culto di sé. In tal caso gli Altri, tutti gli Altri, diventano automaticamente i nemici che ti insidiano, ti minacciano, non ti coprono adeguatamente di lodi; e le sporadiche o anche consistenti vittorie che il bel Saturno comunque può offrire, saranno sempre insufficienti per un soggetto pericolosamente incline alla paranoia e che scenderà nella tomba portando con sé le sue manie di persecuzione.
In tutta sincerità, mi sembra più «vincente» un tema di tipo opposto: un bel Sole in prima o in decima casa, ma accompagnato da un Plutone insignificante e da forti limitazioni dei pianeti intellettuali, per esempio un quadrato o un'opposizione Saturno-Mercurio. Il soggetto di solito è contentissimo di sé, soddisfatto di tutto ciò che fa, perché Saturno leso gli risparmia i tormenti dell'autocritica; e insomma somiglia assai al noto conduttore di una trasmissione sportiva che appena entra in scena subito si inchina ringraziando per gli applausi, mentre il pubblico in studio non ha ancora cominciato a battere le mani. La mancanza di intelligenza, se sfruttata a dovere, può essere uno splendido strumento di vittoria perché consente di tuffarsi in modo sincero e globale nella banalità, che è il prodotto di consumo attualmente più richiesto.

Accanto ai vincenti frustrati (in realtà perdenti) e ai vincenti imbecilli, troviamo i vincenti occulti, che sono di due tipi. I primi sono rappresentati da coloro che hanno identificato la vittoria con la realizzazione di una vita pacifica: non hanno ambizioni, né desideri definiti abitualmente modesti perché privilegiano i propri comodi nell'ambito di una tranquilla agiatezza. Di solito sono dei gioviali e/o dei venusiani positivi, senza l'avida oralità suggerita da un Giove leso e senza il sentimentalismo fasullo suggerito da una Venere disastrata. Per garantirsi una solida unione si scelgono il partner giusto, che ovviamente è ben lontano da alti livelli di prestigio, bellezza o ricchezza, tre supposte qualità che in campo coniugale hanno fatto più vittime di Tamerlano. L'ossessione di arricchire non li sfiora, cambiano l'auto quando proprio non funziona più, ma nel frattempo sanno muoversi all'interno di questo piccolo mondo in modo da ottenere che coniuge figli e parenti siano sempre pronti ad assecondarli affettuosamente. Chi trovi spregevole questo quadretto si guardi attorno e conti quante persone di sua conoscenza hanno raggiunto simili risultati; saranno pochissime e degne di ammirazione, perché la loro è stata un'autentica vittoria contro i pregiudizi correnti, contro i modelli pubblicitari e mass-mediatici, contro quella tendenza a vincere aggredendo che sta portando il mondo al disastro. E non crediate che si tratti di una vittoria spontanea e casuale: provate a imitarli e vedrete quanta fatica vi costa essere gentili con la moglie e con l'idraulico, o lasciarvi sorpassare sull'autostrada senza batter ciglio. La seconda categoria di vincenti occulti è rappresentata dai grandi artisti e dai grandi scienziati, molto meno numerosi di quanto i giornali e le vendite all'asta ci vogliano far credere. La loro è una vittoria della fantasia e del genio, così perentoria, così intimamente coinvolgente da non aver bisogno, in molti casi storici, né di riconoscimenti immediati né di successo. Nessuno più perdente di Galileo Galilei o di Miguel Cervantes de Saavedra nell'ambito della vita personale, ma quale orma hanno impresso nel cammino della civiltà.

E' però dubbio che l'immaginario collettivo di tutti i tempi, e in specie dell'attuale, guardi a simili personaggi come a modelli ideali. Il nostro mondo è dominato dalla smania del tutto, subito, senza far fatica. Capita allora che sia scambiato per un nato vincente chi è soltanto aggressivo, prevaricante e magari violento. L'equivoco è grave e spesso fonte di disastri perché la violenza è una professione che esige gli stessi sacrifici e la stessa programmazione di tutte le altre, e chi la esercita sporadicamente in famiglia, in ufficio o nella vita sociale finisce col ritrovarsi emarginato e perdente.
La vittoria è un'altra cosa, richiede sagace sfruttamento delle proprie qualità, chiara conoscenza dei propri limiti, costanza inflessibile e, nel caso di molti divi industriali e politici, uno stomaco foderato d'amianto per ingoiare ripugnanti rospi. La vittoria soprattutto ha un prezzo altissimo di cui il pubblico ammirato si dimentica, o che non vuole nemmeno vedere. Perché se identifichiamo la vittoria con il successo, raggiungerlo significa non volerlo perdere, e da qui gli incubi dei ministri alla vigilia delle elezioni, i sudori freddi dei cantanti rock che vedono diminuire i loro fans, le paure perenni di attentati e rapimenti che costringono i plurimiliardari a vivere all'ombra dei guardaspalle.
Se scendiamo a livelli più bassi, prima di invidiare le rubamariti o i colleghi rubapromozione bisogna pensarci due volte: perché dietro la facciata delle donne belle si cela spesso un rosario di penitenze, diete perenni, massaggi sadici, lifting dolorosi; e l'impiegato in rapida ascesa ha calcolato ogni sua mossa e ha sacrificato il tempo libero per studiare informatica e lingue straniere invece di andare al cinema o alla partita come fanno i suoi compagni d'ufficio.

Qui può riemergere la domanda di rito: «Si vedeva dal loro tema natale?». Sì, si vedevano la loro determinazione, la loro capacità di sacrificio, l'organizzazione dei mezzi per il conseguimento di uno scopo, e uno solo. La speranza di vincere contemporaneamente a tutti i tavoli di un casinò, o successivamente in tutte le mani di una partita di poker, non solo è irrealistica, è anche stupida. Ce lo dicono lo Zodiaco e l'esperienza, purtroppo non sempre comunicabile ai consultanti. «Ho più probabilità di diventare un cantautore o un pittore?» mi chiede un lettore di Sirio, attualmente magazziniere in un supermercato. Tema alla mano, dovrei dirgli che tra dieci anni, se unirà ai suoi risparmi un prestito di suo cognato, potrà aprire una piccola officina di riparazioni meccaniche. Ma naturalmente non glielo dico e cestino la lettera. Mi avesse fatto una domanda più modesta, probabilmente avrei potuto dargli consigli utili e proporzionati alle sue vere, anche se umili, potenzialità.

Purtroppo l'umiltà è virtù ormai rarissima, e la voglia di faticare in via di sparizione. A chi si siede in poltrona sperando di essere nato vincente solo la RAI può dare di tutto, di più, quando vien la sera.

Lisa Morpurgo
 
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3 replies since 18/9/2010, 10:30   1164 views
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