Anello di sosta forum

LA BIRRA

« Older   Newer »
  Share  
salems.s.
view post Posted on 12/3/2008, 00:15     +1   -1




La birra è una delle bevande più antiche prodotte dall'uomo, probabilmente databile al settimo millennio a.C., registrata nella storia scritta dell'antico Egitto e della Mesopotamia. La prima testimonianza chimica nota è datata intorno al 3500-3100 a.C.. Poiché quasi qualsiasi sostanza contenente carboidrati, come ad esempio zucchero e amido, può andare naturalmente incontro a fermentazione, è probabile che bevande simili alla birra siano state inventate l'una indipendentemente dall'altra da diverse culture in ogni parte del mondo. È stato sostenuto che l'invenzione del pane e della birra sia stata responsabile della capacità dell'uomo di sviluppare tecnologie e di diventare sedentario, formando delle civiltà stabili. È verosimile che l'invenzione della birra sia infatti coeva a quella del pane; poiché le materie prime erano le stesse per entrambi i prodotti, era solo "questione di proporzioni": se si metteva più farina che acqua e si lasciava fermentare si otteneva il pane; se invece si invertivano le quantità mettendo più acqua che farina, dopo la fermentazione si otteneva la birra.

Si hanno testimonianze di produzione della birra addirittura presso i Sumeri. Due erano le principali tipologie prodotte nelle case della birra: una birra d'orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un'altra di farro detta kurunnu. La più antica legge che regolamenta la produzione e la vendita di birra è, senza alcun dubbio, il Codice di Hammurabi (1728-1686 a.C.) che condannava a morte chi non rispettava i criteri di fabbricazione indicati (ad es. annacquava la birra) e chi apriva un locale di vendita senza autorizzazione.

La birra prodotta prima della rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala domestica, nonostante già dal settimo secolo d.C. venisse prodotta e messa in vendita da monasteri europei. Durante la rivoluzione industriale, la produzione di birra passò da una dimensione artigianale ad una prettamente industriale, e la manifattura domestica cessò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del XIX secolo. Lo sviluppo di densimetri e termometri cambiò la fabbricazione della birra, permettendo al birraio più controlli sul processo e maggiori nozioni sul risultato finale.


La preparazione della birra richiede numerose fasi di lavorazione.
La prima riguarda la preparazione del malto, che deve essere ricavato da orzo o altri cereali di buona qualità e perfettamente maturi. Una volta selezionato e ripulito, l'orzo viene immesso nelle vasche di macerazione, dove per circa tre o quattro giorni riceve l'acqua e l'ossigeno necessario per la germinazione.image
L'acqua di macero, che di solito è mantenuta a temperature varianti fra i 12 e i 15 gradi, viene cambiata in continuazione.
Quando l'orzo ha raggiunto l'umidità necessaria, viene messo a germinare per circa una settimana su di un'aia oppure nei cassoni di germinazione; in questo processo è molto importante l'aerazione dei chicchi.

L'orzo

Quando la radichetta raggiunge grosso modo i due terzi della lunghezza del chicco, il malto è pronto per l'essiccazione o la torrefazione, il cui scopo è quello di arrestare il processo di germinazione.

Giunti a questo punto è bene fare il punto della situazione, poiché il tipo di malto usato, i metodi con cui è stato trattato e le varie tipologie di birra che si intendono produrre sono gli elementi variabili che determinano tutte le successive operazioni.

L'orzo maltato viene macinato finemente, acquisendo così la consistenza di una farina. Poi esso viene miscelato con acqua tiepida, che viene successivamente portata a temperature più elevate, circa 65-68 gradi.

Si compie così la prima fase della fabbricazione della birra, detta ammostatura, in cui il malto si trasforma in mosto. Ciò avviene quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in uno zucchero, il maltosio.

Ed ecco che il mosto, dopo li sua separazione dalle trebbie, ossia dai residui insolubili della miscela, che saranno usati come foraggio per gli animali, passa alla cottura. Il mosto viene immerso in una caldaia e riscaldato fino al punto di ebollizione. La durata dalla cottura dipende dal tipo di birra che si intende produrre, ma diciamo che in genere non si scende quasi mai sotto l'ora ed è raro che si oltrepassino le due ore e mezza. La bollitura, che serve tra l'altro per la sterilizzazione e la concentrazione del mosto, avviene a vapore o mediante getti ad alta pressione di acqua bollente, anche se vi sono alcune birrerie che usano ancora il fuoco diritto. La temperatura alla quale il mosto viene sottoposto è di fondamentale importanza, poiché gran parte delle sue trasformazioni biochimiche dipendono da essa.

Durante la cottura poi viene effettuata un'altra importante operazione: l'aggiunta del luppolo, che conferisce il caratteristico sapore amarognolo alla birra, nonché l'inconfondibile aroma.

La sala di cottura è considerata nostalgicamente il cuore della birreria, forse perché in molti stabilimenti si trovano ancora le grandi caldaie di rame, indissolubile legame con il passato e la tradizione birraria. Un tempo infatti veniva usato solo il rame per la costruzione di questi "cipolloni", in quanto è un metallo buon conduttore di calore che tra l'altro non si incrosta eccessivamente.
Il mosto viene raffreddato e portato a temperature adatte alla fermentazione: dai 4 ai 6 gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella alta.
Infine, dato che il processo di fermentazione si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi, viene insufflata nel mosto una certa quantità di ossigeno.
La fermentazione si divide in due fasi, la fermentazione principale e quella secondaria, detta anche maturazione.
Protagonista assoluto è il lievito, che viene immesso nel mosto alla temperatura desiderata a seconda del tipo di birra da produrre. Esso trasforma gli zuccheri e gli aminoacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Il Saccharomyces carlsbergensis, lievito per le birre a bassa fermentazione, opera fra i 5 e gli 8 gradi, poiché oltre i 10 gradi rischierebbe di conferire al prodotto un gusto abbastanza sgradevole. Verso la fine del processo fermentativo questo tipo di lievito tende a dividersi in due parti: grossi fiocchi che salgono verso la superficie e cellule di sfaldamento che si depositano sul fondo. Il lievito propulsore dell'alta fermentazione, il Saccaromyces cerevisiae, lavora invece fra i 16 e i 23 gradi. È noto che i processi di fermentazione sono favoriti dal calore, per cui quella alta avviene più rapidamente di quella bassa. Dopo tre o quattro giorni questo tipo di lievito risale in superficie e viene recuperato con schiumature. Il Saccaromyces cerevisiae dunque è notevolmente economico, poiché è riprodotto e moltiplicato dalla birra stessa.
imageimage

La fermentazione secondaria o maturazione invece consiste nel porre la giovane birra in grossi tini di maturazione, oggi generalmente di acciaio, a una temperatura oscillante fra 0 e 2 gradi, per una durata di quattro o cinque settimane di media. Però esistono certe birre particolarmente pregiate che lasciate maturare per diversi mesi. Tutto ciò serve a saturare di anidride carbonica la birra, alla sua chiarificazione, ossia a far depositare i residui di lievito e proteine, e in generale a un miglioramento del gusto, in quanto tutti gli ingredienti della birra si armonizzano più compiutamente.
Alla fine del processo la birra viene filtrata per toglierle i residui di opacità e infine imbottigliata o infustata

Esistono anche specialità brassicole che si sottraggono a questi tipi di fermentazione tradizionali: si tratta delle birre a fermentazione naturale o spontanea, prodotte nel Payottenland, una regione poco distante da Bruxelles che grosso modo coincide con la "strada di Bruegel". Si tratta di birre di frumento senza l'aggiunta di lievito di coltura, in quanto sfruttano il lievito presente nell'aria, che il quella regione è particolarmente adatto per il brassaggio. Le birre che derivano da questa preparazione sono la lambic, la gueuze, la kriek e la frambozen.

Forse vi sarà capitato di sentire l'espressione "rifermentata in bottiglia" riferito a una birra. Ebbene, in genere si tratta di prodotti che oltre alle due ordinarie fermentazioni ne subiscono una terza, capace di aumentare il tasso alcolico. Non è un caso che gran parte dei prodotti rifermentati in bottiglia, a cui si è aggiunto lievito prima di incapsularli, siano birra di abbazia o strong-ale, quindi birre dichiaratamente forti, ricche di fascino e di tradizione. Eccezione a questo sono le birre di frumento (weizen e bière blanche), che pur avendo lievito nella bottiglia mantengono una gradazione normale.

Un'ultima osservazione divide in due categorie le birre confezionate: quelle pastorizzate e quelle che non lo sono. La pastorizzazione consiste nel portare la birra a una temperatura di 60 gradi, distruggendo così alcuni microrganismi presenti. Scopo di questa operazione è la maggior conservabilità del prodotto, che così acquisisce anche un maggior valore commerciale

Classificazione delle birre
Numerose sono le possibilità di classificare le birre. Una particolarmente intuitiva, ma poco significativa se utilizzata come unico fattore di discriminazione, è quella basata sull'indicizzazione del colore, generalmente misurato in EBC o SRM. Il colore dipende dal tipo di maltazione subito dai cereali impiegati. Altra caratteristica visiva della birra è data dalla limpidezza o dalla opacità generalmente dovuta alla presenza di lievito in sospensione (nelle birre di produzione industriale il lievito viene eliminato prima dell'imbottigliamento per mezzo di particolari filtri).

Altra tipologia di classificazione è in base al lievito utilizzato (responsabile della fermentazione). Ne esistono due grandi famiglie:

a fermentazione alta (top-fermenting yeast) come il Saccharomyces cerevisiae (e dai suoi ceppi) che predilige temperature elevate e durante il processo sale in superficie del tino di fermentazione. Le birre ottenute vengono genericamente denominate ale.
a fermentazione bassa (bottom-fermenting yeast) come il Saccharomyces carlsbergensis (e dai suoi ceppi) che predilige temperature più basse e durante il processo si deposita sul fondo del tino. Le birre ottenute vengono genericamente denominate lager (deriva dal verbo tedesco che significa conservare, nel caso della birra “al fresco”).
Il metodo della fermentazione alta è quello più antico, ed in un certo senso più artigianale. La fermentazione bassa è stata messa a punto nel secolo scorso e permette di ottenere più facilmente prodotti più stabili e ripetibili; è un metodo tecnologicamente più moderno che, infatti, si è sviluppato quando si è reso possibile il controllo delle temperature.

Sia le ale che le lager possono essere di qualsiasi colore e gradazione. La differenza principale è che le ale sono più complesse e ricche di aromi floreali, speziati e soprattutto fruttati, mentre le lager sono più "pulite" ed evidenziano soprattutto il malto e il luppolo.

Esiste poi una terza categoria di birre ottenute da fermentazione spontanea chiamate Lambic.

La principale suddivisione stilistica è proprio fra birre ad alta e bassa fermentazione, cioè fra ale e lager. Le ale quindi non sono uno stile di birra (per quanto ampio): nel loro ambito si trovano gli stili più disparati. Anche se tecnicamente si possono definire “ale”, alcuni stili di birra non sono mai chiamati con questo nome, ad esempio le stout, le porter e le birre di grano. Riguardo alle lager, anche se talvolta il termine è usato in riferimento alla “classica” chiara leggera, tecnicamente sono delle lager anche birre scure, o extraforti come la EKU 28.

Cominciando dalle ale, una grossolana suddivisione si può fare tra ale inglesi (o meglio anglosassoni) e ale belghe

Edited by salems.s. - 12/3/2008, 14:59
 
Top
0 replies since 12/3/2008, 00:06   774 views
  Share