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Tutto da perdere, tutto da guadagnare

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view post Posted on 20/11/2006, 13:10     +1   -1
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Imperatrice della bambagia!

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Dalla terra dei carciofi!!! io adoro i carciofi!!!!

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(di Martha Beck)

Avevo venticinque anni e stavo per laurearmi a Oxford quando mi dissero che
il mio secondo figlio, che ancora portavo in grembo e che avevo già chiamato
Adam, aveva la sindrome di Down.

I dottori e i consulenti mi raccomandarono caldamente un aborto
terapeutico, anche se ero incinta da molti mesi. Avevo solo poche ore per
prendere una decisione scioccante: crescere e mantenere un bambino
mentalmente ritardato, o abortire il bambino che avevo già imparato ad
amare?

Mentre consideravo le possibilità che avevo davanti a me, accadde qualcosa
di singolare al mio modo di vedere la vita. Gli altri pensavano che era
meglio che Adam non nascesse mai, perché gli mancavano qualità che la
società giudicava importanti: un bell'aspetto, la possibilità di guadagnare
bene, "savoir faire" e così via. Ma a pensarci bene, conoscevo anche molte
persone "normali" che non avevano queste qualità: per esempio, me stessa.
Inoltre, anche gli individui più dotati potevano perdere i loro vantaggi a
causa di incidenti, di malattie o dell'invecchiamento. I pochi fortunati che
avrebbero evitato tutte queste disgrazie avrebbero sempre trovato la morte
ad attenderli alla fine della loro incantevole vita.

Negli intensi momenti in cui dovevo decidere per la vita o la morte, tutti i
valori del "mondo reale" in cui avevo sempre creduto si dissolsero come neve
al sole. Ciò che persi quel giorno non fu solo la speranza di avere un
bambino perfetto, ma anche l'illusione che qualcuno possieda mai qualcosa, o
qualcun altro. Mi trovai faccia a faccia con la verità che non esiste nulla
cui possiamo aggrapparci per sempre, e niente che possiamo essere, fare o
possedere, che non perderemo.

Decisi di non abortire, non per una valutazione morale, ma per il mio legame
emotivo con Adam e per il mio nuovo desiderio di accettare il fatto che il
corso di qualsiasi vita (non solo quella di una persona handicappata) è
fondamentalmente imprevedibile.

Ciò provocò un periodo di sofferenza profonda. Per mesi, dentro di me
ripetevo un'incoerente, angosciata Elegia per ogni cosa, per la caducità e
l'impermanenza
di tutto ciò da cui una volta dipendevo. Ma poi dalle macerie dei miei
pregiudizi cominciò a emergere qualcosa di inaspettato: una nuova, strana
sensazione di pace.

Avevo la sensazione che, benché fossi saltata nel dirupo e il pensiero della
caduta fosse spaventoso, il suolo non arrivava mai. Non avevo nulla cui
aggrapparmi, ma la sensazione di non avere il terreno sotto i piedi non era
tanto brutta quanto mi sarei aspettata. Scoprii che lasciare andare il
desiderio di risultati, di successo, di prestigio, di soldi ecc. aveva una
risonanza curativa che non conoscevo.

Quindici anni dopo la nascita di Adam, è ormai chiaro che egli è una sorta
di maestro zen travestito da ragazzo-biondo-mentalmente-ritardato. Il suo
atteggiamento verso la vita è libero da rigidità concettuali o da
aspettative; semplicemente, egli prende l'esperienza così come viene,
momento dopo momento. Talvolta c'è dolore, talaltra piacere, ma non c'è
bisogno di giudicare queste cose o di fingere che non siano ciò che sono.

In una delle mie storie taoiste preferite, un uomo anziano stupisce gli
astanti nuotando felicemente sotto un'impetuosa cascata. Come fa? "È
semplice", spiega l'uomo. "Vado su quando l'acqua va su, vado giù quando
l'acqua
va giù". Questo è l'atteggiamento di Adam verso la vita, e anche se ho
difficoltà di apprendimento in questa area, ho imparato molto dal suo
esempio.

Una volta, Pema Chödrön ha detto che ciò che ci accadrà nel resto di questa
giornata ci è tanto sconosciuto quanto ciò che ci accadrà al momento della
morte.

Questo pensiero mi è tanto piaciuto che lo ho ripetuto a un paio di amici, i
quali sono rimasti turbati e mi hanno chiesto di tacere. Quel momento mi ha
ricordato tutto ciò che ho guadagnato perdendo tutto. Quando avevo paura di
perdere qualcosa, la vita assomigliava sempre a una prigione, soprattutto
perché era evidente che la perdita era inevitabile. Ho sperimentato una
liberazione enorme nell'accettare il mondo così come è: caduco, fluido,
incontrollabile, pieno non solo di pericoli, ma anche di bellezza, avventure
e piaceri che ti levano il fiato.

Una delle poche certezze su cui possiamo fare affidamento è che prima o poi
tutti avremo un Adam, ovvero un evento che ci fa mancare il terreno sotto i
piedi, lasciandoci senza nulla cui aggrapparci.

È un'esperienza che non augurerei al peggior nemico, ma che ho spesso
desiderato per i migliori amici. Se non ti è ancora accaduta, siediti e
rilassati. Ti prometto che molto presto arriverà.

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- Andare avanti -


Il dolore è come un fiume che attraversa la nostra vita, ed è importante
comprendere che non sparirà. Il dolore dura tutta la vita, ma il nostro
rapporto con esso cambia. Andare avanti è la chiave che scioglie il nodo del
tuo dolore. È il tempo del cambiamento. Non un ritorno alla vita che
conducevi prima dell'esperienza della morte: non puoi andare indietro, ora
sei una persona diversa, trasformata dal viaggio attraverso il dolore.

Ma puoi cominciare ad abbracciare di nuovo la vita, puoi tornare a sentirti
vivo. L'intensità delle emozioni ha sopraffatto alcuni. È possibile
ricordare l'evento doloroso senza farsi travolgere da un dolore terribile.
L'armatura
intorno al nostro cuore comincia a sciogliersi, e nell'andare avanti,
l'energia
che veniva consumata nella resistenza diventa disponibile per vivere.

Adesso andiamo avanti, ma non stiamo abbandonando colui che amiamo.
Comprendiamo che anche quando muore qualcuno, la relazione continua. È solo
che la persona non si trova più al di fuori di noi. Stiamo sviluppando
quella che potremmo definire una relazione interiore con questa persona, che
ci permette di reinvestire nella nostra vita.

Se seguiamo il cammino dal dolore all'integrità, potremmo scoprire un amore
eterno.

ciao
sara
 
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