| di Alessandro D’Orlando - auraweb.it
Siamo tutti come neonati. Il nostro è il potere di crescere. Rabindranath Tagore
La nicotina, per la diffusione e per gli effetti a lungo termine sulla salute, è la droga più pericolosa nella nostra società, assieme all’alcol (1).
Il consumo di sigarette è oramai impopolare in Occidente dove le iniziative contro i fumatori sono sempre più numerose (anche se l’inquinamento da veicoli è ben più letale…) e si moltiplicano le iniziative per aiutare la gente a smettere con questo vizio (2) . Questo atteggiamento sociale se da una parte tutela i non fumatori, dall’altra rischia di creare un giudizio morale forte verso la sigaretta, il che non aiuta: bisogna infatti considerare ciò che il fumo rappresenta per la persona.
Un modo per esplorare queste motivazioni consiste nel trasformare il fumo in una meditazione: ciò che prima era fonte di sofferenza si trasforma così in uno spazio di ascolto partecipato, di amore e attenzione incondizionati verso sé stessi.
L’ascolto all’inizio non è semplice, perché ci fa capire quanto il nostro corpo è disturbato dal fumo, o quanto le nostre emozioni ed i nostri pensieri sono alterati da esso. Questo ascoltarsi mentre il fumo scende attraverso la gola, mentre gli effetti della nicotina vengono in essere non ha niente a che fare con il masochismo: non c’è desiderio di sofferenza nel percepirsi mentre ci si intossica, ma solo di conoscenza. Non ha niente a che fare con l’ostinazione o l’ostentazione di forza e virtù: non c’è nulla da combattere, perché la sofferenza non è un avversario, è semplicemente qualcosa che non ha una grande importanza.
La sofferenza è una etichetta che diamo ad un insieme di sensazioni sulle quali non ci soffermiamo adeguatamente: così non le capiamo e perdiamo la possibilità di cambiare. Non solo non comprendiamo le cose perché ci fanno paura e le evitiamo, come la sofferenza appunto, ma anche perché le combattiamo. Dato che il fumo viene vissuto come l’elemento malefico, da eliminare, da bandire, da condannare e dato il presupposto per cui "ciò a cui resisti persiste", è comprensibile come l’abitudine permanga.
C’è anche chi nasconde la testa sotto la sabbia e pur di non ammettere che non ce la fa a lasciare le sigarette dice che il fumo è un piacere troppo importante per la propria vita. Per loro, forse è il caso di sperimentare altre modalità per provare piacere.
Ha molte più possibilità di uscire dal tunnel del tabacco chi ha riconosciuto la sua dipendenza, smette di combattere il fumo, di fuggire alla consapevolezza del male che si sta facendo, va oltre le etichette di "piacevole" e "spiacevole" in una calma auto-osservazione. Per questo raccomando ai miei clienti un rituale, in cui ogni sigaretta si accompagna ad un insieme di accorgimenti che aiutano ad ascoltarsi con calma disponibilità.
Per esempio, per le sigarette a casa, ci si siede tranquilli sulla poltrona, con la schiena diritta per un migliore ascolto del corpo. Poi si pone il pacchetto di sigarette davanti a sé con l’accendino… si accende la sigaretta e si percepisce il calore della stessa sulle dita e l’odore del primo fumo… si mette la sigaretta tra le labbra e si percepisce il calore ed il sapore del fumo nella bocca e poi nella laringe, nella faringe, nei bronchi, nei polmoni… Si rimane in ascolto del proprio respiro e si osserva come cambia mentre si fuma.
L’uso di un cronometro, permette di dedicare ne più né meno spazi del necessario: il tempo non è più una preoccupazione se lo si affida ad un timer e ciò consente di evitare la fumata veloce ed affrettata, o quella soprappensiero in compagnia di amici. Si fuma ancora, ma solamente in un momento interamente dedicato a sé stessi, né più lungo né più corto di quello prestabilito. L’uso della sveglia è importante: controllare l’ orologio sarebbe infatti un’altra distrazione.
Per le sigarette sul lavoro si cerca un posto tranquillo dove fumare, o comunque sospendere le altre attività che si stanno portando avanti, sempre con un timer che suoni alla fine.
La meditazione sul fumo serve per portare l’attenzione sull’aspetto fisico, emozionale, mentale, spirituale, rispetto ai quali si possono fare osservazioni interessanti e domande altrettanto proficue.
1. Sul piano fisico si potranno percepire:
- una aumentata concentrazione a causa di squilibri chimici ed ormonali che determinano un minor impatto degli stimoli esterni e distraenti sul sistema nervoso (3);
- Un momentaneo senso di benessere. Le sostanze irritanti della prima boccata spingono infatti ad una profonda inspirazione che allievi lo stress dei tessuti e come effetto secondario di questa aumentata ossigenazione anche la tensione psicologica si allenta inizialmente. L’associazione tra sigaretta e breve sollievo porta quindi all’erronea equivalenza inconscia "fumo = rilassamento" ed al rafforzamento del vizio;
- variazioni nel volume inspiratorio ed espiratorio durante le boccate. Spesso è più lungo il tempo dedicato all’espirazione rispetto all’ inspirazione quando si fuma, ignari del fatto che è proprio il prolungamento dell’espirazione rispetto all’inspirazione a dare una sensazione di sollievo dallo stress.
Una domanda utile a questo livello è:
"Come posso calare l’impatto degli stimoli esterni sulla mia tranquillità interiore, aumentare il mio volume respiratorio, prolungare il tempo dell’ espirazione e dello svuotamento dei polmoni con il conseguente senso di benessere che ne deriva, senza ricorrere al fumo? ".
2. A livello emozionale, si potrà notare che:
- emozioni che non si vuole sentire, come rabbia, tristezza, paura o una spiacevole mescolanza di queste chiamata "stress" – allentano la loro presa sul nostro stato d’animo. Si pensi a quanto aumenta il consumo di sigarette sotto stress.
- allo stato di benessere e vitalità della prima boccata segue inevitabilmente uno stato di tensione che prepara il corso alla successiva sigaretta – purtroppo però a livello inconscio rimane forte la prima impressione di benessere associato alla sigaretta, più che il malessere successivo.
Le domande saranno allora:
"Come posso lasciar andare l’emozione senza fumare?". Ed ancora: "Come posso sentirmi vivo senza usare la sigaretta?", ed infine "Come posso gestire il malessere della sigaretta senza passare a quella successiva?".
3. A livello mentale, possiamo individuare molti giudizi e biasimo per il proprio comportamento: si ritiene la propria abitudine un qualcosa di "sporco" – come ci si può buttare via così? -, di "cattivo" – metto a rischio la salute dei miei cari -, come un sintomo di una propria debolezza intrinseca, quasi una ammissione di resa, di "diversità". Così il fumo, premessa di quel giudizio, diventa anche conseguenza, come tentativo di autopunizione inconscia o di gestione degli ulteriori sentimenti di disistima che emergono.
Altri giudizi possono essere invece di approvazione verso la propria condotta, che corrisponde a quella della persona ammirata – genitore o star del cinema che sia.
La domanda su questo piano è:
"come posso ascoltare di più il mio corpo e dare meno retta a questi pensieri di critica o giustificazione?".
4. Sul piano spirituale, se portiamo l’attenzione all’anima, ai suoi orientamenti, forse si percepirà, aldilà della pura conoscenza intellettuale, che attraverso la sigaretta essa forse esprime disaffezione verso la vita, forse in un moto di espiazione rispetto ad una determinata colpa, di ricongiungimento con qualcuno di caro che non c’è più, oppure di annullamento – scomparire dalle difficoltà del presente - in vista di una futura rinascita – in una nuova realtà: così infatti può essere anche interpretato il cancro dal punto di vista psicosomatico.
Oppure c’è un anelito al Tutto, però mal indirizzato, nel senso che esso viene perseguito attraverso la fine dell’esistenza fisica e non durante essa. Come direbbe il Buddha: "La Via non è nel Cielo, è nella Terra".
Una domanda che aiuta in questo caso è:
"Come posso provare la felicità che cerco qui ed ora?".
La risposta a tutte le domande è sempre la stessa: "Respirando!": imparando a giocare con il respiro e ad usarlo per indurre gli stati di calma o di energia desiderati, mentre la mente, nell’atteggiamento del "va bene", lascia che tutto sia, anche i suoi stessi pensieri di critica o giustificazione – semplicemente essi perdono di importanza.
ciao sara
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